Opere (Meridiani)

Copertina Opere (Meridiani)Edizioni 

Prima edizione: Lalla Romano, Opere, a cura di Cesare Segre, Mondadori («I Meridiani»), vol. I, Milano 1991, vol. II, Milano 1992.

Titolo

Contiene tutte le opere di Lalla Romano fino al 1992.

Argomento

Oltre alle opere di Lalla Romano, sono pubblicate anche le pre e postfazioni dell’autrice; inoltre un’introduzione critica di Cesare Segre con commento per ogni singola opera, una nota biografica e le note ai testi; infine, a cura di Antonio Ria, una bibliografia della critica.

 

Antologia della critica

La ricchezza dell’intera opera di Lalla Romano è data dalla sua verità e dalla sua autenticità: la scrittrice scrive perché una ragione profonda, intima la guida verso una scoperta del senso della vita, recuperato negli aspetti fondamentali e veri dell’intensità dei rapporti umani.

E tutto rimane intriso di quella fatale, intima capacità di far partecipe il lettore di un proprio spazio, estratto dal senso vero della propria intimità. Ora, per avere una dimensione globale dell’importanza che ha avuto la scrittura della Romano, all’interno della letteratura italiana, arriva una sorta di doveroso omaggio o di consacrazione. Due volumi della prestigiosa collana dei «Meridiani» di Mondadori, destinati ad ospitare i grandi autori della classicità e del Novecento, sono dedicati alle Opere di Lalla Romano.

È l’occasione per la riscoperta, oltre che di una voce vera e autentica, anche di un itinerario artistico che si è costruito nel silenzio di una devozione alle cose sommerse e discrete. […]

Oltre all’introduzione di Cesare Segre, il volume contiene anche un’accuratissima «cronologia» che ripercorre l’intera vicenda biografica ed editoriale della scrittrice, portando alla luce particolari inediti, nonché dando ordine a tutti quegli spunti che potevano emergere nelle varie opere.

 

Fulvio Panzeri

«Gran Milan», maggio 1991

 

 

Con lucidità Cesare Segre scrive dell’impegno morale della grande scrittrice alla quale Mondadori dedica il primo dei due «Meridiani» che raccoglieranno le centinaia di pagine scritte in cinquant’anni di attività. Un impegno caratterizzato da uno sviluppo «fortemente unitario» e che ha come punto di partenza la poesia, ricerca attenta e appassionata della misura e del peso delle parole.

 

L. di Malta

«Grazia», 26 maggio 1991

 

 

Semplicemente magistrale l’attenzione dedicata da Cesare Segre a Lalla Romano: sia nella ricca monografia introduttiva che ripercorre minuziosamente il lavoro creativo di una scrittrice costantemente indipendente «dalle tendenze e correnti letterarie in auge»; sia nella cura tecnica degli apparati delle tre raccolte poetiche e delle opere narrative degli anni 1951-64 (vi figurano, tra gli altri, alcuni dei suoi testi più alti, come Le metamorfosi, Maria, Tetto Murato, La penombra che abbiamo attraversato), alcune delle quali hanno subito nelle varie redazioni più d’un rimaneggiamento e arricchimento, qui registrato.

 

Ermanno Paccagnini

«Il Sole 24 Ore», 26 maggio 1991

 

 

Leggo Lalla Romano da infinito tempo; e l’ho sempre letta con la pacatezza, la certezza con cui si legge un classico. Il classico, nella letteratura che nasce, quella che vive mescolata con noi, che siamo i contemporanei, è quello che immediatamente dà la sensazione di poter durare, che nasce di lontano ed è staccato dalle mode, e coltiva un suo preciso mondo, che possiamo visitare, nel quale possiamo vivere imparando e trovando una parte di noi. Inoltre, classico è colui che scrive in un certo modo, cioè un modo senza maniera e senza echi: un modo dove la lingua italiana dà l’impressione di tornare se stessa, di perdere le tinte eccessive dell’attualità e del gusto passeggero, e di riconquistare la perspicuità, la nettezza, la pulizia del suo genio naturale: la semplicità soprattutto, che si trasmette poi alle immagini, al narrato, alle stesse idee, agli stessi sentimenti evocati.

Nel gran mare della letteratura che nasce, calda ancora del suo nascere, di classici di questo genere ne esistono, anche se non moltissimi. Lalla Romano è del gruppetto: non c’è mai stata sua pagina, anche effimera nella funzione pratica, che non abbia obbedito a queste caratteristiche, le quali corrispondono a norme estetiche e morali, perché riguardano il farsi dell’arte e la sua fedeltà e serietà, la sua fondamentale severità, e il suo rapporto con la vita. Per queste ragioni, e per altre ancora, il lettore della Romano non si meraviglia, prova anzi soddisfazione, nel trovarla inclusa in una collana prestigiosa come quella dei «Meridiani» della Mondadori, dove i cosiddetti classici contemporanei trovano collocazione: quasi si direbbe consacrazione.

 

Claudio Marabini

«Il Resto del Carlino», 8 giugno 1991

 

 

 

La raccolta nei «Meridiani» Mondadori si addice particolarmente alla produzione letteraria di questa scrittrice e non solo perché, come osserva Cesare Segre nell’introduzione, il suo discorso è «fortemente unitario». Le sue opere si trasformano, diventano quasi un testo nuovo e unico, nel contatto dell’una con l’altra, nel trascorrere dall’una all’altra: una metamorfosi che stabilisce nuove relazioni, svela segrete atmosfere e moltiplica i piani interpretativi.

Così al lettore che si pone di fronte non a un’opera ma al complesso delle sue opere, appare immediatamente chiaro l’intento e il bisogno profondo che muove la scrittrice […]: il bisogno di catturare attraverso la limpidezza e la trasparenza della parola tutte le sfumature misteriose e ambigue che rendono la vita interessante, drammatica e pur tuttavia godibile. L’autenticità è la regola e la cifra stilistica di Lalla Romano, ma un’autenticità che, per essere arte, deve essere conquistata ad ogni pagina, ad ogni capoverso, ad ogni frase.

 

Maria Rosa Cutrufelli

«L’Indice», giugno 1991

 

 

Cesare Segre ricompone l’unità di un canzoniere poetico, nell’accezione indiretta di un canzoniere femminile, quando individua e ribadisce come cifra di lettura il dato di «verità» nella pausa del silenzio. Rispetto alla plurivocità della scrittura, alla multiformità del reale, la voce femminile nel suo connotato più oscuro e paradigmatico, vive in un tempo lungo, arcaico, che non è il qui e ora della storia, ma lo spazio del ritrovamento, della memoria, di pochi inderogabili accenti essenziali.

 

Stefano Crespi

«Il Sole 24 Ore», 30 agosto 1992

 

 

I due volumi dei «Meridiani» curati da Cesare Segre, permettendo di ripercorrere tutta l’opera della Romano, mostrano in tutta evidenza il rigore del suo lungo insistere nell’ostinata interrogazione della propria esperienza, delle persone che essa ha avuto vicine, delle situazioni a cui ha partecipato: costituiscono un giusto riconoscimento del valore e della singolarità del suo raccontare, che dallo spazio «privato» non ricava compiacimenti, languori, sdolcinature e minuzie sentimentali, ma una capacità di toccare la più integrale e sfuggente concretezza di rapporti umani. […]

La memoria gioca naturalmente un ruolo essenziale nell’opera della Romano: ma come nota Segre nella Introduzione che accompagna il primo dei «Meridiani», essa grazie ad un sottile «moltiplicarsi dei punti di vista», non indulge «a struggimenti nostalgici», ma vale piuttosto come «stimolo per il recupero di verità quasi cancellate e forse rivelatrici». […]

Proprio perché lontana da ogni vitalismo, da ogni sentimentalismo, da ogni psicologismo, Lalla Romano è riuscita a darci uno degli scorci più concreti e vitali dell’esistenza contemporanea nella sua irriducibile verità, nella sua difficile e fragilissima individualità: la sua fortissima concentrazione di stile e di struttura giunge a trasmetterci in profondità il carattere di molti aspetti e comportamenti essenziali della realtà individuale e sociale della seconda metà di questo secolo. E credo che la sua opera dovrà servirci sempre più per capire territori che, alla lunga, si rivelano molto più importanti e resistenti di quelli più facilmente identificabili della grande scena storico-politica.

I testi raccolti nel secondo volume dei «Meridiani» offrono per loro conto un percorso conoscitivo singolarmente perfetto, quasi a porre una compiuta serie di domande in diverse direzioni, tutte ugualmente essenziali.

 

Giulio Ferroni

«L’Unità», 26 ottobre 1992

 

 

Un libro di Lalla Romano arrivava ogni anno, ogni due; intendo un libro come Un caso di coscienza o la riedizione di Giovane è il tempo. Vedendo i due «Meridiani», su Mondadori, oltre duemila pagine, ho sussultato: un «Meridiano» non è un libro, è un monumento, un punto finale. Mentre uscivano, Lalla mandava alle stampe un altro libro, anzi due.

Tuttavia sono i «Meridiani» che ho ficcato in valigia per l’estate. Volevo ritrovare passate letture. Ma, aperto a metà il secondo volume, sono andata fino in fondo, poi sono tornata indietro, alle prime pagine del primo volume e ho rifatto l’intero cammino. L’ho confrontato con le note che, non so con quanto gaudio dei curatori, ricollocano i testi, alcuni ne riordinano, in parte ridisegnano l’itinerario. Del resto mentre Cesare Segre scriveva l’introduzione, usciva Le lune di Hvar, e non era, come Un caso di coscienza, un prezioso reperto della memoria. Per diversi mesi la mia giornata è finita in quell’appuntamento serale con Lalla Romano. […]

Lalla scrive dell’esercizio del vivere, che è cosa seria, comune come una tersa giornata d’inverno in Lombardia, colori freddi e freddo. Rifiuta con qualche protervia la Storia; […] Lalla Romano non lavora sugli abissi dell’inconscio, anche se è stata la prima a scrivere di sogni – veri sogni, quelli scatenati dalla notte. Il suo è il terreno scabro del cosciente, dove non ci sono anfratti per nascondersi. […]

Su quel che è, Lalla Romano non ha mai patteggiato: è implacato lo sguardo che getta su di sé e gli altri nel correre dei giorni. Non giudica, guarda. Ma per guardare occorre essere fuori, in qualche separazione e distanza. La scrittura è questa distanza. È un’illimitata libertà, e costa un alto prezzo.

Questo è il filo – non d’oro, ma di vetro, di ferro – dei due «Meridiani».

 

Rossana Rossanda

«Il manifesto / la talpa», 16 gennaio 1993

 

 

L’occasione della verifica viene soprattutto dai due «Meridiani» curati da Cesare Segre, in cui è raccolto tutto ciò che conta. […]

Vi sono comprese le costanti e le varianti di tutta una vita letteraria: dai sogni profetici delle Metamorfosi, alle scheggiate epifanie del romanzo Le lune di Hvar, passando per lo splendido libro-ideario Un sogno del Nord. […]

Conta, come sempre, la scrittura: l’ironia che si condensa nelle parentesi, nelle parole virgolettate, nei corsivi sapienziali, nelle dichiarazioni che contrappuntano l’opera come altrettanti frammenti di un discorso amoroso e drammatico con la memoria, con quel personaggio aspro e coinvolto che l’io narrante è.

All’origine c’è sempre un moto di passione, anche intellettuale, in cerca del suo stile. Sempre sono in gioco la speciale sprezzatura che è precedenza per l’essenziale, l’imporsi del particolare come conoscenza emotiva del mondo, l’eternità dell’istante raccolto nel tempo, la semplicità e la chiarezza accompagnate da gentilezza sobria e segreta, nudità ricca di sensi.

 

Giovanni Tesio

«Notiziario Bibliografico» di «Studi Piemontesi», XXII (1993), fasc. 2, pp. 496-97