Diario di Grecia
Edizioni
Prime edizioni:
Rebellato («Le quattro stagioni»), Padova 1960;
Einaudi («Nuovi Coralli»), Torino 1974.
Altre edizioni:
in Opere, a cura di Cesare Segre, Mondadori («I Meridiani»), Milano 1991, vol. I, pp. 399-522;
in Diario di Grecia, Le lune di Hvar e altri racconti di viaggio, Einaudi Tascabili, Torino 2003, pp. 1-59.
Titolo
Non una guida turistica, non un romanzo, ma un diario intimo «di chi, dopo aver sospettato che la Grecia fosse ormai “un libro”», come ha scritto Montale, scopre che è invece «un modo di vivere nell’eternità». Il luogo, la data e l’ora contestualizzano le annotazioni private, gli stati d’animo, le confessioni che il diario raccoglie registrando il dialogo interiore.
Argomento
Prima dell’avvento del turismo di massa, una breve crociera, nella Pasqua del 1957, diventa un viaggio allegorico, imprevedibile in una terra custode del mito, ma profondamente vera nella sua estrema povertà e dignità. Con il marito Stefano (Innocenzo) e un piccolo gruppo di compagni di avventura, la narratrice visita la Grecia, dove ogni granello di sabbia rimanda al mondo classico («Su queste rive dorate, afferrato da simili schiume bianchissime, fu travolto Ippolito»), ma con uno sguardo aperto al presente («Ci sono soltanto uomini nei caffè. Come da noi nel Sud»).
Incipit (ed. Einaudi)
dal treno, 17 aprile, ore 15
Il treno è foderato internamente di cuoio scuro, impresso a disegni floreali.
– È di prima dell’altra guerra, – dice Stefano.
Prima dell’altra guerra! Quando c’era quell’eleganza ambigua (ma forse ogni eleganza lo è) che ha intravveduto nella nebbia dell’infanzia chi è nato prima del ’14.
Il nostro scompartimento è angusto, ammobiliato, vestito; tempestato di borchie, ganci, rampini lucidi di ottone. Anche la scaletta mobile, ridicolmente piccola, è interamente rivestita di panno blu a disegni.
Mi faccio spiegare da Stefano – come ogni volta – come si fa a ribaltare il piano della toeletta infissa d’angolo. Accanto al lavabo c’è una saponetta verde piccolissima.
Continuo la perlustrazione. Apro lo sportellino in basso, e ne estraggo la coppa di maiolica. Ha un lunghissimo labbro, un lunghissimo manico: sembra uno strano animale o fiore esotico.
Antologia della critica
Queste pagine, così vivacemente risolte attraverso un’atmosfera di suono e di colore, attraverso una purezza cristallina di sfondi e di figure, costituiscono davvero un saggio di misura e di gusto.
Un paesaggio – quello greco – è reso, più che nei toni della sua pur avvincente esteriorità, nella sua possibilità di immediata e sottile rispondenza alle reazioni interiori di chi lo scopre.
Alberto Bevilacqua
«La Fiera Letteraria», 14 giugno 1959
Nulla di turistico e di occasionale offusca il nitore del piccolo volume, degno di aggiungersi a quelli, assai più impegnativi, che all’Ellade dedicarono il Cecchi e il Brandi. Il Diario della Romano è un’opera discreta, qualcosa come una confessione privata, e non aspira a trovar molti lettori. Siamo certi però che chi farà la piccola fatica di cercarlo negli scaffali delle librerie non rimpiangerà il tempo perduto.
Eugenio Montale
«Corriere della Sera», 20 maggio 1960 (ora in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979,
a cura di G. Zampa, Mondadori, «I Meridiani», Milano 1996, t. II, p. 2277)
Il Diario di Grecia di Lalla Romano si rilegge oggi come un piccolo documento sperduto di un’ultima stagione prima del turismo di massa. Anche se si trattò di una breve crociera, dunque in gruppo e con una guida, dai quali in verità la viaggiatrice si teneva il più spesso lontana. Il suo è un pellegrinaggio, in età matura, ai luoghi favolosi e mai visti di un’adolescenza studiosa, quelli dell’Iliade o dell’Odissea. «Per noi, la Grecia è un libro, come diceva una mia compagna di scuola». Ma poi, sul luogo: «Argo, anche Argo, dunque, esiste veramente. Di nuovo penso a Dante che toccò con mano i regni eterni. Noi, malati di idealismo, non curiamo il toccar con mano; mentre è forse proprio questo, scoprire che la Grecia “non è un libro”, quello che ci fa soffrire. I miracoli devono esser questo, e chi li incontra certo vive simili tormentosi momenti».
Paolo Milano
«L’Espresso», 21 aprile 1974
Questa relazione di un breve viaggio in Grecia compiuto nella Pasqua del ’57 acquista […] non solo l’aspetto di una testimonianza ormai storica, ma il senso di fissità in una dimensione inamovibile di valori umani. […] Ma il richiamo ora a qualche parallelo con la realtà italiana, ora all’età classica e soprattutto all’universalità della Grecia («Ma questa è la Grecia: vale a dire siamo noi, uomini antichi») insieme con la partecipazione alle cose degli uomini e non solo al paesaggio e ai monumenti, dànno a questo smilzo libretto una sottile aura di poesia pur conservandogli il carattere di prezioso vademecum per chi si accinge a ripercorrere i classici itinerari di Atene, Eleusi, Capo Sunio, Delfi, Corinto, Micene.
Giuliano Manacorda
«Rinascita», XXXI (1974), n. 10, p. 659
La pedemontana, la montanara scrittrice che non ama il mare, compie il viaggio alle radici di quel mare in cui è sorto il mito, la storia nostra, la nostra cultura. […]
La scrittrice compie dunque questo viaggio, insieme al compagno Stefano (Innocenzo), in una cornice, in un modulo piccolo-borghese. Attraversa la Puglia, la Puglia del «pellegrino» Cesare Brandi, s’imbarca a Brindisi su un cargo dal nome saviniano di Angelica. E nel viaggio man mano, per Corfù, Itaca, Atene, Eleusi, Delfi, Corinto, la scrittrice getta via cognizioni e condizioni, schermi culturali e schemi di classe, acquista uno straordinario sguardo: guarda uomini e cose, guarda le pietre e le loro evocazioni con una primitività, con una acuta penetrazione. […]
Ecco, questo breve libretto, questo Diario fuori dalla narrazione, privo di funzione letteraria, in cui, com’è sempre nei diari, come sarà poi ne Le lune di Hvar, la scrittrice si presenta in tutta la sua nudità, mi è sembrato un documento importante per entrare nel mondo narrativo di Lalla Romano.
Vincenzo Consolo
Et in Arcadia Lalla, in A. Ria (a cura di), Intorno a Lalla Romano. Saggi critici e testimonianze,
Mondadori, Milano 1996, pp. 223-25