Breve bio-bibliografia
Lalla Romano è una delle figure più significative del Novecento letterario italiano. Nata a Demonte (Cuneo) nel 1906, ha frequentato l’Università di Torino conseguendo nel 1928 la laurea in Lettere. Sempre nel ’28, dopo essersi già dedicata allo studio della pittura, su suggerimento del suo professore di Storia dell’arte Lionello Venturi, è entrata nella scuola di Felice Casorati, cominciando già nel ’29 a esporre col maestro e i suoi allievi. Per alcuni anni direttrice della Biblioteca Civica di Cuneo, ha poi insegnato nelle scuole secondarie, mentre continuava la sua professione di pittrice, partecipando a mostre personali e collettive.
Durante la guerra, sfollata nelle campagne del Cuneese, ha tradotto, su richiesta di Cesare Pavese per conto della Einaudi, i Tre racconti di Flaubert: esperienza per lei fondamentale. Infatti proprio traducendo Flaubert ha superato la sua diffidenza verso il romanzo, scoprendo che anche la prosa può essere poesia. Aveva già scritto molte poesie (alcune confluite nella raccolta Fiore, del 1941); ma dopo questa esperienza ha incominciato a dedicarsi alla narrativa. È del 1951 la pubblicazione, nei «Gettoni» curati da Vittorini per Einaudi, del suo primo libro in prosa Le metamorfosi.
Da allora è seguita una serie cospicua di libri di narrativa, quasi tutti pubblicati da Einaudi. Tra questi: Maria (1953, Premio internazionale Veillon), Tetto Murato (1957, Premio Pavese), Diario di Grecia (1959; 1974), L’uomo che parlava solo (1961), La penombra che abbiamo attraversato (1964), Le parole tra noi leggere (1969, Premio Strega), L’ospite (1973), La villeggiante (1975), Una giovinezza inventata (1979), Inseparabile (1981), Nei mari estremi (1987; 1996), Un sogno del Nord (1989), Le lune di Hvar (1991), In vacanza col buon samaritano (1997), Dall’ombra (1999), Diario ultimo, pubblicato postumo nel 2006. Dopo Fiore, ha pubblicato altre raccolte di poesie, fra cui Giovane è il tempo (1974), fino a Poesie (2001), che le comprende tutte. Le sue Opere sono anche pubblicate in due volumi (1991-92) nei Meridiani Mondadori a cura di Cesare Segre. Il libro di conversazione con Antonio Ria, L’eterno presente (1998), analizza i vari momenti della sua vita, gli aspetti multiformi della sua esperienza artistica e l’insieme delle sue opere: può essere un primo utile strumento per accostarsi a Lalla Romano, come lo è altresì Vita di Lalla Romano raccontata da lei medesima, a cura di Ernesto Ferrero.
Un aspetto significativo della sua produzione letteraria sono i «romanzi per immagini», la maggior parte con fotografie di suo padre Roberto Romano. Fra questi: Lettura di un’immagine (1975), La treccia di Tatiana (1986, con foto di Antonio Ria), Romanzo di figure (1986), Nuovo romanzo di figure (1997: comprende anche il precedente), Ritorno a Ponte Stura (nome letterario del natio Demonte, 2000). Le fotografie in questi volumi diventano impalpabili segni di alterità che, attraverso la scrittura, rivelano il loro segreto.
Lalla Romano si è anche dedicata alle traduzioni: oltre al citato Tre racconti (1944; 2000), di Flaubert ha tradotto L’educazione sentimentale (1984); impegnativo il lavoro di scelta e traduzione dell’imponente Diario di Delacroix (1945).
«Passando» alla narrativa durante la guerra, Lalla Romano ha abbandonato la pittura. Questo antico suo esercizio è stato recentemente riproposto con varie mostre e pubblicazioni, curate da Antonio Ria, a partire dagli anni Novanta: Lalla Romano pittrice (1993), Lalla Romano. Disegni (1994), Lalla Romano. L’esercizio della pittura (1995), pubblicati da Einaudi. Dopo la morte di Lalla Romano, avvenuta il 26 giugno 2001, nel 2001/2002, tutta la sua opera pittorica – dipinti e disegni, editi e inediti – è stata presentata in tre mostre e in tre volumi monografici, sempre curati da Ria: Paesaggi piemontesi; Ritratti, figure e nudi; Nature morte e fiori. Fra gli altri cataloghi, si ricorda Lalla Romano. La probità dell’arte. Dipinti e disegni, scelti e introdotti da Maurizio Calvesi (Aragno 2008).
I critici (da Montale a Carlo Bo, da Calvino a Pasolini, da Segre a Ferroni) hanno indicato le chiavi interpretative dei suoi scritti, additandole innanzi tutto nella ricerca della verità, e hanno messo in evidenza la struttura fortemente sperimentale della sua scrittura, la «classicità» della sua lingua e del suo stile, in una tensione fra classicità e modernità, e il rapporto costante fra vita e letteratura. Fra tutte si ricordano le osservazioni di Montale, il quale scriveva che Lalla Romano «si è sempre mantenuta fedele a quella che potrebbe dirsi l’arte del silenzio, la capacità di parlare sottovoce...». E Giulio Ferroni nella sua Storia della letteratura italiana: «Lalla Romano è giunta a far parlare l’esistenza, nelle sue pieghe più intime e quotidiane, con una sorprendente e misteriosa trasparenza: ha saputo sentire la memoria del passato come qualcosa di “presente”». Sullo stile, in particolare a proposito de L’ospite, Pasolini osservava: «Il libro è scritto in lingua pura, eletta e selettiva: lo spirito, un certo spirito, che presiede alla lingua della poesia, presiede a questo breve romanzo in prosa, fatto come di brevi lasse, leggere e assolute». E Cesare Segre così conclude la sua introduzione ai Meridiani: «Lalla Romano ha sempre cercato una verità che non è quella fattuale, ma qualcosa di più profondo, posto in una zona impervia tra filosofia e religione».
A. R.